Noi, che apparteniamo al giorno, siamo sobri,
vestiti con la corazza della fede e della carità,
e avendo come elmo la speranza della salvezza.
Dio infatti ci ha destinati ad ottenere la salvezza
per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo.
Egli è morto per noi perché,
sia che vegliamo sia che dormiamo,
viviamo insieme con lui.
Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri,
come già fate.
1Tss 5,8-12.

 

Siamo pronti a portare avanti o a ricominciare il nostro “combattimento spirituale” (cfr. 1Tss 5,8; Ef 6,11ss) con la preghiera, il digiuno e le opere di misericordia? Perché a questo ci richiama la quaresima.
Una dimensione dell’esistenza del cristiano che dovrebbe accompagnarci sempre, dovrebbe essere il nostro stile di vita, ma che in realtà diventa qualcosa di cui tenere conto (ma… non troppo!) in un periodo particolare dell’anno. Forse perché abbiamo perso di vista le motivazioni.
Per chi di noi è più attento e convinto, la quaresima è il momento dei propositi, il momento in cui dimostrare a Dio la nostra buona volontà, in cui fare qualcosa per lui. Ed è necessario, a causa della nostra condizione umana, porre dei segni, darci degli strumenti concreti. Ci sono momenti in cui un gesto legato ad una scelta ha il potere di segnare una tappa o una svolta nella nostra vita.

Ne abbiamo esempi nella vita di molti santi. Come san Domenico. Il gesto di vendere i suoi libri quando studiava a Palencia, per creare un fondo a favore dei poveri che morivano di fame a causa della carestia, ha significato per lui una svolta definitiva che ha dato l’orientamento a tutta la sua vita: comprese che da quel momento in poi la sua esistenza doveva essere votata ad aiutare gli altri.

Qualcosa del genere può avvenire solo se si ha ben chiara la motivazione e se essa è sufficientemente significativa e fondata.
Anche per il ben più modesto impegno a vivere la quaresima da cristiani, è necessario avere presente la motivazione: perché? in forza di che cosa? con quale significato?
Di fronte al male dell’uomo, Dio parla di pace, fa una promessa di vita e pone come segno l’arcobaleno. Da quel momento in poi l’uomo diventa alleato di Dio. Un’alleanza infranta molteplici volte dall’uomo e sempre riaffermata da Dio, fino a quando sembra convincersi dinanzi all’evidenza della debolezza umana: nessun uomo può rimanere fedele al patto con Dio. Ed invece di voltargli le spalle, inventa una nuova formula di alleanza, sarà un patto unilaterale: l’umanità ne beneficia, ma è Dio che si impegna. Fino all’estremo, portato a compimento in Gesù Cristo: morto, egli il giusto, per gli ingiusti, per ricondurci a Dio in virtù della sua risurrezione.
A noi è chiesto soltanto di accogliere la sua proposta, di fidarsi, accettando di cambiare mentalità e di credere alla buona notizia del Vangelo.
Non siamo, dunque, noi che facciamo qualcosa per Dio. È lui che da sempre e costantemente fa qualcosa per noi. È questo il fondamentale cambio di mentalità che dobbiamo realizzare! Allora, il nostro impegno quaresimale trova la sua ragione nell’amore che Dio ha per noi.
Con quel sano realismo che ci rende consapevoli di essere fragili, soggetti alla tentazione di allontanarci da Dio, di rinunciare al suo amore perché tutto sommato… sembra che non ci serva per vivere. Ma è proprio in questi momenti che possiamo trovare la forza perché Cristo ha superato la tentazione per noi!