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Le nostre parole
saranno di speranza se
saranno radicate in un
profondo studio della
Parola di Dio e in
un’analisi della nostra
società contemporanea…
Vi è fame
non solo di pane,
ma di significato.

La perenne sorgente
della speranza

 


Studio
Dal Capitolo Generale dell’Ordine a Roma


Il cuore umano ha il desiderio di Dio. C’è una certa gratuità nella ricerca della verità. Questo è già un aiuto alla predicazione, perché colui che contempla desidera trasmettere ciò che ha contemplato.

In questo senso lo studio non è un semplice esercizio accademico di dialettica o di retorica, né ha fine in se stesso, destinato solo all’accumulazione di erudizione e conoscenze.
Il fine dello studio domenicano è la predicazione. La «casa di studi» è la «casa di predicazione».

L’uomo evangelico (vir evangelicus) che era Domenico aveva chiaro fin dal principio il proposito e la finalità dello studio, per sé e per i suoi frati: la predicazione. E l’ambito dello studio non aveva per lui limiti. Domenico ascoltava e scrutava con fede la Parola di Dio, era attento agli orientamenti della Chiesa, prestava particolare attenzione alle culture nascenti del suo tempo.


In relazione a questi tre ascolti, lo studio ci conferisce l’intelligenza della Scrittura, rafforza la contemplazione che ci trasforma in amici di Dio e risveglia la nostra preoccupazione sulla giustizia, la pace, i diritti umani, la sofferenza dei poveri, degli esclusi e delle vittime, che ci interpellano. Allo stesso tempo lo studio e la ricerca della verità si trasformano in un esercizio di misericordia e di compassione.

San Domenico e i primi frati studiarono per entrare in contatto con gli eretici e per discutere e dialogare con loro sulla base degli strumenti filosofici del loro tempo.

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Lo studio continua ad essere necessario oggi nell’Ordine non solo per l’insegnamento ma anche e soprattutto per il ministero della evangelizzazione, per il dialogo con la cultura.
Dato che il mondo è il campo dove si semina la Parola di Dio (Mt. 13, 18), il nostro studio si deve realizzare in dialogo con la cultura contemporanea, con le altre religioni e deve tenere sempre presente la causa dei più poveri e degli esclusi. Senza uno studio attento del mondo non possiamo essere i suoi interlocutori e i suoi evangelizzatori.

Povertà di massa, disuguaglianze ingiuste, esclusioni e discriminazioni, conflitti sanguinosi, moltiplicarsi di vittime, rischi ecologici, gravi problemi di bioetica… continuano a preoccupare la nostra società.
La società del benessere è una società ricca di piaceri e scarsa di senso, ricca di mezzi e scarsa di fini, ricca di politica e povera di mistica. E questo modello di società del benessere è usato dai mezzi di comunicazione come paradigma per tutte le altre società.
La nostra predicazione è chiamata a smascherare queste idolatrie.

Tuttavia ci sono anche segni dei tempi che danno speranza.
La crescente sensibilità per problemi ecologici ed economici; l’impegno di molte persone per la causa della giustizia, della pace, dei diritti umani, lo spirito di solidarietà e le diverse forme di volontariato, la rinascita della sensibilità mistica e la nostalgia dell’esperienza religiosa, lo spirito di dialogo tra le culture e le religioni, il consolidamento dei processi democratici… sono tutti segni che invitano alla speranza e fanno confidare di nuovo in una cultura della vita.
Sono segni che ci stimolano a continuare a fare della predicazione domenicana una «predicazione della grazia» (praedicator gratiae).