alla
“Quercia
di
Mamre”

 

Un giorno, Abramo stava riposando
all’ombra della sua tenda,
presso le “querce di Mamre”,
nell’ora più calda.
Dio venne presso di lui.

Anche noi ti proponiamo una sosta
– forse pure tu sei nell’ora più calda della tua vita! –
una “quercia” sotto la quale sederci per incontrare Dio.

 

AVER CURA DELLA QUALITÀ DELLA VITA

Il tempo che passa risuona in noi come una continua rivelazione della nostra condizione di esseri limitati e avviati impietosamente senza scampo verso la morte. Di questo, in fondo, abbiamo paura e ce ne difendiamo in tutti i modi.
Due sono le vie attraverso le quali cerchiamo di sfuggire il problema della fine irreparabile del tempo, di esorcizzare l’immagine della morte che fa capolino in ogni piccolo o grande affanno per la vita. Esse sono l’ostentazione del nostro dominio sul tempo e l’ossessione di sfuggire in tutti i modi possibili al suo dominio su di noi. (…)

Tra l’illusione di possedere il tempo e la disperazione per il suo venirci meno sta un atteggiamento completamente diverso, evocato con il termine vigilare.
Vigilare significa anzitutto vegliare, stare desti, rimanere all’erta. L’immagine più immediata è quella di chi non si lascia sorprendere dal sonno quando il pericolo incombe o un fatto straordinario ed emozionante sta per accadere. Vigilare significa badare con amore a qualcuno, custodire con ogni cura qualche ‘cosa di molto prezioso, farsi presidio di valori impor­ tanti che sono delicati e fragili. Vigilare impegna comunque a fare attenzione, a diventare perspicaci, a essere svegli nel capire ciò che accade, acuti nell’intuire la direzione degli eventi, preparati a fronteggiare l’emergenza.
Rimanere svegli, essere attenti, avere cura, vegliare dunque: veglia la sposa che attende lo sposo, la madre che attende il figlio lontano, la sentinella che scruta nel cuore della notte; veglia l’infermiere accanto al malato, il monaco nella preghiera notturna; vegliano gli uomini e le donne che sono pronti a raccogliere i segnali di aiuto dei loro amici nel pericolo, dei loro fratelli nel dolore, del loro prossimo nella difficoltà; veglia la comunità dei credenti che è rapida nel reagire alla tiepidezza e alla stanchezza  che l’allontanano  dall’amore degli inizi.
Veglia una società civile che coglie prontamente i segni del proprio degrado, che si erge contro. La corruzione dilagante, che contrasta la disaffezione nei confronti del bene comune, che non si rassegna alla deriva delle sue istituzioni pubbliche e alla casualità suoi ritmi vitali, che poi significano sempre il trionfo dei prepotenti e dei furbi.
Vigilare è la capacità di ritornare a prendersi il tempo necessario per aver cura della qualità, non puramente clinica e commerciale, della vita. Il tempo per imparare a riconoscere il significato delle nostre emozioni, impulsi, tensioni, per non rimuoverle troppo in fretta anestetizzando l’eventuale disagio che ci procurano, e rendendo così sterile la profondità dell’esperienza nella quale esse potrebbero introdurci. (…)

Si può tuttavia dire che tutti i modi di vegliare, che esemplificano le qualità essenziali del vigilare, sono come momenti particolari di quella grande veglia che è l’esistenza umana di fronte al tempo definitivo che viene: il tempo della vita eterna con Dio, che è come la «grande festa» della vita, alla quale ogni persona che viene nel mondo è destinata.

C.M. Martini, Sto alla porta