Un giorno, Abramo stava riposando
all’ombra della sua tenda,
presso le “querce di Mamre”,
nell’ora più calda.
Dio venne presso di lui.
Anche noi ti proponiamo una sosta
– forse pure tu sei nell’ora più calda della tua vita! –
una “quercia” sotto la quale sederci per incontrare Dio.
VIVERE L’ATTESA
Ogni giorno sembra la fotocopia del precedente. Se non si verifica qualcosa di poderoso, di sconvolgente, che in qualche modo mette in crisi la nostra continuità, tutto procede in modo lineare, ma allo stesso tempo piatto, scontato, banale, quasi come se si sapesse già cosa attendersi.
Vivere l’attesa significa essere in grado di prefigurarsi un futuro, di nutrire la speranza.
Ma ancora più importante è sapere vivere l’attesa, un po’ come accade per un viaggio. A volte siamo così proiettati verso la meta che quel che ci sta in mezzo sembra una perdita di tempo, un impiccio che non vediamo l’ora che finisca. Ma la vita è fatta di preparazioni, viaggi, arrivi e nuove partenze. Dobbiamo imparare, dunque, a vivere l’attesa, e non a vivere nell’attesa.
L’attesa è l’atteggiamento al quale ci spinge in ogni momento il tempo dell’Avvento: «siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa» (Lc 12,36). L’attesa fa nascere nella persona una tensione positiva. Chi attende, non uccide il tempo nella noia. È orientato ad una meta. La meta dell’attesa è la Gioia. Attendere indica, quindi, stare attenti se qualcuno viene, osservare tutt’intorno quanto si avvicina a noi. Attendere significa anche fare attenzione, preoccuparsi di qualcosa, come il ‘guardiano’ osserva ogni singola persona e le presta attenzione. Attendere provoca questi due atteggiamenti in noi: l’ampiezza dello sguardo e l’attenzione all’attimo, a quanto stiamo vivendo.
L’attesa allarga il cuore. Quando attendo, io sento che non basto a me stesso. Ognuno di noi lo sa, quando aspetta un amico o un’amica. Si guarda ogni secondo l’orologio, per vedere se non sia ancora ora. Si è tesi all’attimo nel quale l’amico o l’amica scenderà dal treno o suonerà alla porta di casa. L’attesa fa nascere in noi una tensione eccitante. Sentiamo di non bastare a noi stessi. Nell’attesa usciamo da noi stessi verso colui che cerca il nostro cuore, che lo fa battere con più forza, colmando la nostra attesa.
Oggi molti non riescono più ad attendere.
Vivono il tempo di Avvento non come tempo di attesa, ma già come un Natale passato. Alcuni celebrano sempre Natale, invece di mantenere sveglia l’attenzione e di protendere il proprio cuore nell’attesa del mistero del Natale.
I bambini non sanno attendere che la madre dica la preghiera prima di mangiare. Devono mangiare subito, se c’è qualcosa sul tavolo. Non aspettano che la cioccolata sia messa nella borsa della spesa. Devono mangiarla ancor prima che sia pagata alla cassa del super mercato. La gente in fila davanti alla cassa o allo sportello della stazione non riesce ad aspettare. Si spinge. L’attesa ci rende liberi dentro.
Se sappiamo aspettare il nostro cuore si allarga e ci dona, inoltre, la sensazione che la nostra vita non è banale.
L’attesa ci mostra che il nostro vero essere deve esserci donato. Il tempo dell’Avvento ci invita ad allargare nell’ attesa il nostro cuore.
A. Grün