POSSIAMO NON AVERE PAURA!

Nella solenne notte di Veglia, in cui celebriamo il Signore Risorto, il racconto della risurrezione che ascoltiamo è tratto dal Vangelo di Marco. Ciò che più “salta agli occhi”, impossibile a non notarsi, è la paura. Per ben tre volte si dice che le donne hanno paura. Così si racconta l’evento straordinario che ha cambiato la Storia dell’umanità, l’evento della nostra salvezza!
Sembra quasi che l’evangelista voglia mettere in risalto il contrasto tra il prima e il dopo della risurrezione, l’effetto della risurrezione sarà chiaro solo con le apparizioni di Gesù risorto ai discepoli. Le donne rappresentano il prima, legate ancora all’esperienza della morte.
In realtà, può esserci un’altra lettura di questo particolare perché, di fronte a eventi di grande significato o prodigiosi, l’evangelista Marco presenta spesso una reazione di paura e spavento (cfr. 1,27; 5,15; 9,6; 9,32; 10,32), quasi a mettere in evidenza che, se è vero quello che sta avvenendo, il dubbio che Gesù sia davvero il Figlio di Dio, il Messia, è fondato, ed allora è vero anche tutto ciò che ha detto e ciò che ha chiesto. Allora è vero l’annuncio della croce e delle sue conseguenze nella vita dei discepoli e non ci si può sottrarre.

Particolarmente significativo è proprio questo brano del Vangelo, perché, davvero, credere che è risorto è… difficile: vuol dire che tutto ciò che Gesù ha fatto e ha detto, va’ preso sul serio perché Lui è Dio!!! Significa, dunque, ripercorrere tutto il cammino fatto con Gesù fino a quel momento e rileggerli in questa luce, avendolo riconosciuto Figlio di Dio!
È proprio ciò che il Risorto – attraverso l’apparizione dell’angelo – chiede ai suoi: tornare in Galilea vuol dire ritornare all’inizio della loro esperienza di discepolato, ricominciare il cammino dietro a Gesù, con una nuova consapevolezza e comprensione. Vuol dire non potersi esimere dalla responsabilità di credere.
D’altra parte, lo stesso termine “Galilea” nella radice ebraica indica un movimento a spirale, in tondo, che ritorna costantemente su di sé senza mai esaurirsi.

E questo annuncio è affidato alle donne. Loro lo hanno ricevuto e a loro volta sono chiamate a portarlo ai discepoli. Ci può far riflettere questa metodologia di Dio che passa attraverso altri per comunicarsi ai suoi. Solo dopo, si farà vedere direttamente. E sono delle donne, le meno indicate per la mentalità del tempo quando una donna non poteva nemmeno testimoniare in un processo, ad essere mandate a portare l’annuncio.
Da tutto ciò possiamo raccogliere varie indicazioni per la nostra vita.

A cominciare dalla necessità di interrogarci se prendiamo sul serio il fatto della morte e risurrezione di Gesù. È l’evento centrale che celebriamo ogni domenica, eppure lo diamo per scontato, non suscita certo “paura” in noi. Quasi non ci accorgiamo che sta avvenendo e che cosa significa.
Per poi renderci conto che siamo chiamati a ricominciare sempre il cammino dietro a Gesù, in modo nuovo, e a rimettere in gioco la nostra scelta di essere cristiani. Qual è la nostra “Galilea”?
Concludendo con la presa di coscienza che siamo chiamati a diventare testimoni. Siamo mandati a dire ad altri che Cristo è risorto e li chiama in Galilea.