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INVIATI A PREDICARE IL VANGELO

Un viaggio lungo otto secoli

San Domenico inviò i suoi frati a studiare, predicare e fondare conventi, mostrando grande fiducia nei suoi fratelli.
Questi compiti ci dimostrano che la vita comunitaria, lo studio e la predicazione sono fondamentali per la nostra identità. Predichiamo insieme quando insieme preghiamo, quando cresciamo nella nostra fraternità e quando studiamo la Parola.
L’Ordine oggi raccoglie la sfida di rinnovare la sua obbedienza a Dio e alla sua Parola che si incarna nel mondo. Perché questo rinnovamento sia autentico dobbiamo ascoltare i gemiti dell’umanità. In questo modo la nostra predicazione scaturirà non da noi stessi, ma da un Dio che parla al suo popolo.

 


«Li inviò a due a due»
Il Signore ci invia a due a due, come i settantadue discepoli.
Egli è con noi come lo fu con i discepoli di Emmaus.
Siamo inviati come comunità, a condividere la missione di Domenico con innumerevoli fratelli e sorelle che nei secoli hanno assunto la predicazione itinerante attraversando paesi e continenti. Siamo inviati a due a due per un’unica missione e a partire da un’unica professione religiosa.
Siamo stati inviati come fratelli e sorelle per costruire comunità.
La vita fraterna e contemplativa fa parte della nostra missione. Per un Domenicano la testimonianza di una vita in comunità è qualcosa che può essere difficile da raggiungere, ma che dovrebbe essere gratificante per noi ed edificante per gli altri. La vita fraterna fa parte dell’identità del predicatore. L’unanimità di cuore e di mente è una forma eloquente di predicazione, poiché conferisce credibilità alla missione. Come potremmo predicare l’amore di Dio senza costruire comunione con i fratelli? Perché è lì che cresciamo e maturiamo nella carità.
Per questa ragione la comunità domenicana è denominata sancta praedicatio.

Siamo inviati a condividere il pane della Parola, disposti a ricevere quello che ci può esser dato, a nutrire con la Parola e ad essere nutriti da coloro che serviamo.
Siamo invitati a vivere con il Signore Gesù, ad annunciare la sua parola e a realizzare le sue stesse azioni: annunciare la vicinanza del Regno di Dio e curare i malati.
Siamo inviati a predicare la misericordia di Dio e la nostra riconciliazione con lui e con i fratelli (cf. 2 Cor 5, 20).

I discepoli tornano pieni di gioia sapendo che la predicazione non è un semplice annuncio, bensì un impegno pasquale: morire a se stessi per annunciare la vita.

Nel cammino della predicazione non tutto è semplice. «C’è molta polvere da rimuovere nei sandali dei predicatori».
La gioia dei discepoli non si radica tanto in quello che hanno fatto per se stessi, quanto nell’aver servito l’umanità “nel nome di Gesù”. Tornare come discepoli accanto al Maestro non è dimenticare il mondo, bensì condividere con Gesù le ferite della gente.

Così fece Domenico: dopo aver parlato di Dio alla gente, parlava della gente con Dio. Intraprendere il cammino di ritorno a Dio è tornare a incentrare le nostre vite in Colui che ci ha inviato. Questa è la vera laetitia praedicatoris.